lunedì 5 ottobre 2009

Carcere a chi copia il software per trarne un profitto

Riportiamo la recente giurisprudenza della Cassazione che conferma la forte "stretta" apportata dalla legge 248 del 2000 di modifica della 633/1941 che rende sufficiente il fine di "trarne profitto" e non quello di "lucro" e pertanto ai fini della contestazione del reato basta avere il software installato sui propri pc. Attualmente sul mercato ci sono molte formule contrattuali o soluzioni innovative per regolarizzare le situazioni pregresse e risparmiare significativamente sulle licenze: sentiti libero di contattarci se necessiti un supporto più dettagliato.

Riportiamo qui la sentenza:

Cassazione Terza Sezione Penale n. 25104 del 19 giugno 2008
OSSERVA
i) Con sentenza del 25.6.2007 il GUP del Tribunale di Lecco applicava a M. G., previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e ritenuta la diminuente per la scelta del rito, la pena concordata ex art.444 c.p.p. di euro 9.400,00 di multa (di cui euro 5.400,00 in sostituzione di mesi 4 di reclusione) per il reato di cui all’art.171 bis comma 1 L. L.633/1941, come modif.dalla L.248/2000, per avere, al fine di trarne profitto, duplicato e riprodotto programmi sotware, di proprietà della società Microsoft Italia spa ed Autodesk inc., Adobe System Incorporeted, Symantec Corporation, senza averne acquistato la licenza d’uso.
Propone ricorso per cassazione il M., a mezzo del difensore, per violazione di legge (art.606 comma 1 lett.b) in relazione alla mancata applicazione dell’art.129 c.p.p. stante l’insussistenza dell’ipotesi contestata a carico del ricorrente (dallo stesso tenore letterale dell’art.171 bis L.633/41 risulta che la norma mira a colpire esclusivamente l’illecita riproduzione di software finalizzata al commercio, mentre il Milesi si avvaleva degli stessi nello studio privato e per scopi professionali interni allo studio medesimo); in via gradata era configurabile un’ipotesi di responsabilità ex art.174 ter comma 1 L.633/41, che punisce con la sola sanzione amministrativa l’abusivo utilizzo, per esclusivi fini professionali, di prodotti informatici, privi della licenza d’uso.
Con il secondo motivo denuncia il difetto di motivazione in ordine al dolo specifico richiesto dalla norma, essendosi il GUP limitato a richiamare il fatto materiale dell’assenza di alcune licenze di software, attribuendo una sorta di responsabilità oggettiva al titolare dello studio.
2) Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non emerga in modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art.129 c.p.p.
Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art.444 cpp, l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie perché essi sono coperti dal patteggiamento.
Con il ricorso per cassazione, pertanto, possono essere fatti valere errores in procedendo ed il mancato proscioglimento ex art.129 c.p.p.
E’ giurisprudenza consolidata di questa Corte che nell’ipotesi di concordato di applicazione pena ex art.444 c.p.p. o ex art. 599 c.p.p. la motivazione del giudice sull’assenza dei presupposti che legittimano l’operatività di una delle cause di non punibilità previste dall’art.129 c.p.p. può essere anche meramente enunciativa o implicita. Il giudice è tenuto, cioè, a controllare l’inesistenza di una delle cause di non punibilità, ma può enunciare , con motivazione anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge (cfr.ex multis Cass.pen.sez.2 n.14023 del 3.2.2004; conf.Cass.en.sez.6 n.41712 del 2.10.2006).
2.1) Tanto premesso, osserva il Collegio che i motivi di ricorso appaiono manifestamente infondati, avendo il giudice, nell’applicare la pena concordata, congruamente, nei termini sopra indicati, e correttamente motivato in ordine alla insussistenza delle condizioni per l’applicabilità dell’art.129 c.p.p.
Per la configurabilità del reato del reato di cui all’art.171 bis non è richiesto, infatti, che la riproduzione dei software sia finalizzata al commercio, essendo sufficiente il fine di profitto, come contestato, né il dolo specifico del fine di lucro.
Ha più volte affermato questa Corte che, a seguito della modifica del primo comma dell’art.171 bis L. 27 aprile 1941 n.633 (apportata dall’art.13 L.18 agosto 2000 n.248), non è più previsto il dolo specifico del “fine di lucro” ma quello del “fine di trarne profitto”; si è, quindi, determinata un’accezione più vasta che non richiede necessariamente una finalità direttamente patrimoniale ed amplia quindi i confini della responsabilità dell’autore (cfr. ex multis Cass.pen. sez.3, del 6.9.2001 n.33303; Cass.pen.sez.3, 9.1.2007 n.149).
La detenzione e l’utilizzo di numerosi programmi software, illecitamente riprodotti, nello studio professionale rende manifesta la sussistenza del reato contestato, sotto il profilo oggettivo e soggettivo.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma che pare congruo determinare in euro 1.500,00 (art.616 c.p.p.).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro 1.500,00.
Così deciso in Roma l’8 maggio 2008

martedì 4 agosto 2009

Beni materiali e servizi invisibili: la valorizzazione

Mi dicevano che il linguaggio è stato creato dai "realisti" e non è un caso che siamo pieni di termini rappresentanti cose e oggetti visibili mentre latitano quelli relativi ai processi e ai servizi che hanno come maggior qualità il tempo nella forma del tempismo in cui si danno o della breve durata o di quello che fanno risparmiare agli utenti!
Spesso per ovviare a ciò facciamo delle metafore o lunghe perifrasi: la verità è che il linguaggio è pensato più per fissare e rappresentare piuttosto che per favorire ed agevolare lo sviluppo del pensiero. D'altra parte lo stesso si da prevalentemente se non esclusivamente tramite il linguaggio e dunque ne rimane in qualche modo condizionato. Gli uomini di "scienza" a partire da Galileo, lasciando il "sillogismo aristotelico" hanno iniziato a veder il mondo scritto nel "linguaggio matematico" e hanno iniziato a rappresentarlo in termini di funzioni, cioè di regole quantitative di variazioni di alcune grandezze al variare di altre ma in questo modo si sono persi il senso e la risposta del "perchè" accontentandosi di quella del "come".
Dipoi all'inizio del secolo la stessa coerenza interna del sistema "matematico" è stata messa in dubbio dai teoremi di decidibilità e da varie aporie: se un barbiere tagli la barba a tutti e solo quelli del paese che non se la tagliano da soli chi la taglia a lui stesso?
A questo "Enigma" se ne affiancò subito uno simile "tedesco" e molto meno astratto...la seconda guerra mondiale andò come andò anche grazie alla capacità di risolvere il "secondo" Enigma (le macchine di codifica delle comunicazioni Tedesche).
Turing lavorò su entrambi gli "enigmi" e mise le basi del modello teorico del calcolatore elettronico. Questo con la sua generalità istanziata di volta in volta solo con l'esecuzione dello specifico "programma" generò la nuova realtà "digitale" che si oppose fin dall'inizio con la quella "atomica" della fisica tradizionale. Al principio di indeterminazione di Pauli della fisica quantica oppose l'iperdeterminismo della sequenza di bit 010101010...che pur essendo in teoria pronunciabile (zero, uno, zero, uno....) in pratica per la rapidità di variazione nel tempo non lo è infatti gli attuali processori sono ingrado di "elaborare" cioè variare e generare sequenze di circa 3 miliardi ogni secondo (3 GhZ): ci vuole ben più di 1 secondo per nominare tali sequenze :)
A questo punto è rinata l'esigenza del "senso" e di rispondere alla domanda di aristotelica memoria: che cos'è? "100101010" e perchè "1001010" e non "1110010101"?
La risposta di come variano queste "realtà" al variare delle altre "realtà" è diventato un problema squisitamente aritmetico di conto o meglio di "poco conto": logica e aritmetica binaria o booleana.
Allora ecco fiorire tutta una serie di risposte del tipo: Beh questo "101010111..." è la foto di Mario al mare, "11101010...!" è la mia tesi mentre "1111o1o1o1o11...." è la nona sinfonia di beethoven! I sistemi operativi associando un "nome testuale" alla stringa di bit aiutano l'associazione.
Ma come abbiamo già detto predicare "l'essere" di una sequenza di bit è come minimo azzardato dal punto di vista ontologico. La stessa sequenza nasce e si da come figlia di un processo nel tempo di creazione della stessa avente una sua identità e realtà aldilà del suo elemento "associato": è esperienza di tutti che la digitalizzazione può avere varie "risoluzioni" ed in funzione di questo parametro la lunghezza del file o sequenza cresce moltissimo.
Di poi le sequenze di maggior pregio e valore (specifiche e atipiche) sono proprio quelle correlate al processo "in corso" o non a quello "dato": rappresentano i "flussi" e l'interattività.
Potremmo dire che realizzano "discorsi digitali" con tanto di interazioni e confronti non sempre intellegibili per un "umano" ma spesso significativi in alcune "produzioni" e/o conseguenze.
Il robot di google che visita continuamente il web e lo classifica, le ricerche degli utenti e l'uso dei risultati formano una "discussione globale" di vari attori umani e non espressa in un linguaggio misto solo minimalmente "naturale" e prevalentemente "digitale".
Come risulta pertanto fuorviante ragionare in queste dimensioni con un approccio tradizionale e "realista" pensato per i "beni materiali".
Anzi questi stessi ormai sono frutto di processi di progettazione eminentemente digitali e dunque seguono più logiche del valore su esposto che tradizionali.
Per le aziende e per i professionisti urge e risulta essenziale acquisire questa nuova visione e percezione del valore aggiunto nella sfera digitale per potersi orientare e sfruttare a pieno le opportunità.
F. M.

lunedì 30 marzo 2009

L'ingegnere dell'informazione: il dottore dell'anima digitale

In quest'ultimo periodo si sente molto parlare sui giornali di riforma delle professioni, di deregolamentazione, di ordini professionali come baluardi e fortini a difesa di interessi e di posizioni di rendita. Con questo breve intervento vorrei dare un minimo contributo al problema introducendo due nuove dimensioni di analisi fondamentali per evitare di far di "tutta l'erba un fascio" e di peggiorare la situazione complessiva: la dimensione della COMPLESSITA' dell'attività e dei sistemi trattati e la dimensione del MIX FISICO/DIGITALE che pervade ogni entità.



Iniziamo con degli esempi:

D:quale è la professione che tratta la massima complessità "fisica"?
R: il dottore o medico. Il suo oggetto è il corpo che è sicuramente uno dei sistemi con più ordini di complessità ed interazioni e rappresenta a tutt'oggi una sfida continua. L'avvento dei nuovi sistemi di diagnosi (rx, rsm, tac, ecc) e di analisi hanno in parte semplificato alcune fasi ma la complessità di base è rimasta sostanzialmente intatta. Non è un caso che una liberalizzazione della professione permettendo a tutti l'accesso alla professione dopo un breve corso di 150 ore non sarebbe ben visto dall'opinione pubblica. Voi andreste da un dentista che ha fatto un corso serale di 200 ore?


D:quale è la professione che tratta la massima complessità "digitale"?
R: l'ingegnere dell'informazione (per una definizione esatta si veda http://www.ictir.org/ ). I sistemi informatici hanno vari ordini di complessità che vanno dal miliardo di transistor esistenti in un chip di silicio di un centimetro (si stima nel 2020 che ne avremo mille miliardi!) alla diffusione della rete che distribuisce l'elaborazione in migliaia di computer composti da decine di chip passando per i satelliti geostazionari con istruzioni software che sono eseguita ad una velocità di 50 miliardi di istruzioni per secondo. Se sommiamo tutta la complessità siamo vicino ai sistemi "viventi" e sicuramente abbiamo entità non "comprensibili" in toto in modo esaustivo. C'e' da aggiungere che in questo settore cambiano anche velocemente i sistemi stessi ad oggetto: ieri c'erano i mainfram, poi i pc, adesso i telefonini e gli smartphone, un domani nuove appliance e nuovi apparati distribuiti inseriti come "anime digitali" negli oggetti e nei servizi quotidiani e collegati senza fili fra di loro.



D: come si colloca la professione del farmacista?
R: un tempo la sua attività era complessa e critica dovendo sintetizzare ogni volta i farmaci in modo "esatto" con una probabilità di errore quasi nulla pena la salute del paziente. Oggi la maggior parte del personale di una farmacia "legge" una ricetta, ricerca il farmaco in un sistema di scaffali e fattura l'importo il tutto spesso grazie ad un sistema informativo di base che ne agevola ulteriormente le suddette funzioni. Rimane alto l'aspetto della responsabilità in quanto se dovesse sostituire, alterare in mala fede o per distrazione le medicine fornite potrebbe indurre danni gravissimi.



D: come si colloca l'attività del notaio?
R: la sua attività si è semplificata molto con la disponibilità integrata di nuovi sistemi informativi per la registrazione e verifica degli atti immobiliari. Di contro la digitalizzazione in atto nella PA che ha introdotto nuove problematiche di gestione degli atti digitali e delle identità digitali senza assegnarle all'ingegnere dell'informazione ha gravato questa professione di tutta una serie di nuovi adempimenti, nuove incombenze e nuove conoscenze. Non appare casuale la scelta fatta a suo tempo dal Consiglio Nazionale del Notariato di creare una società (Notartel) con molti ingegneri dell'informazione al suo interno che gestisce tutte le problematiche della digitalizzazione per tutti i notai italiani.


D: come si colloca l'attività dell'ingegnere edile e/o dell'architetto?
R: le loro attività si sono semplificate molto con la disponibilità di sofisticati programmi di progettazione grafica 3D e di renderizzazione e animazione. Sono fra i maggiori fruitori delle stazioni di calcolo più potenti e spendono quasi l'80% del tempo davanti ad un computer e non più davanti ad un tavolo da disegno. Si pensi alla tariffa e alla fatturazione al cliente in funzione dei metri cubo di cemento armato progettato che un tempo venivanono calcolati "manualmente" ed adesso sono fatti in automatico dal computer.



D: come si colloca l'attività dell'avvocato?
R: la sua attività si è semplificata molto con la disponibilità su supporti ottici e in rete di sofisticate banche dati giuridiche (con la dottrina, la legislazione e la giurisprudenza) che non solo permettono di "calcolare" la normativa vigente alla "data" ma anche ottenere la versione digitale delle sentenze e dei documenti opportunamente depurati dai dati di privacy. Adesso con il nuovo ordinamento che prevede un giudizio di ammissibilità per il ricorso in cassazione la disponibilità di un software potente e capace di semplificare la ricerca di precedenti diventa fondamentale per il successo dell'azione legale. Anche qui l'informatica con la sua complessità e potenza ha introdotto semplificazione ed immeditezza rendendo obsolete molti aspetti prima critici. Si pensi alla tariffa e alla fatturazione al cliente della "collazione" per la verifica che tutte le copie siano identiche all'originale e all'onere effettivo dell'attività prima e dopo i wordprocessor e la stampa digitale (in vero ora si dovrebbe controllare che il pc non è stato infettato da virus che cambiano i termini in fase di stampa: ricordo un virus che sostituiva solo in stampa Italia con Padania :) ). Di contro la digitalizzazione in atto nella PA che ha introdotto nuove problematiche di gestione degli atti digitali e delle identità digitali senza assegnarle all'ingegnere dell'informazione ha gravato questa professione di tutta una serie di nuovi adempimenti, nuove incombenze e nuove conoscenze non sempre padroneggiate adeguatamente dalla categoria che continua ad avere un piano di studio tradizionale.


Sintesi: non tutte le professioni hanno la stessa complessità in se e nel tempo che scorre velocemente soprattutto grazie all'informatica e alla telematica che tende a semplificarle molto



Ma veniamo adesso all'altra dimensione del MIX fisico/digitale che abbiamo già in parte accennato negli esempi. La digitalizzazione della società ed in particolare della PA sta dando a tutti i prodotti e soprattutto servizi un anima digitale. Usiamo questo termine forte in quanto spesso l'identità, la possibilità di esistere e la stessa forma e qualità dell'ente si da grazie e solo alla sua "componente" digitale che dunque anima e costituisce il quid dello stesso. Questa nuova anima e identità si da in relazione a quella tradizionale nei modi più difformi in funzione della "regia" generale del progettista che con la usa competenza garantisce il successo della sintesi o il pramaturo fallimento.


Facciamo alcuni esempi:

Il progetto Reti Amiche realizza la strategia di "exit" o di concorrenza con la parte "front office" degli uffici pubblici ma può solo e grazie all'ICT: la sua componente telematica unita ad appendici elaborative (totem) può virtualizzare e delocalizzare ovunque anche nei luoghi di lavoro gli sportelli della PA. La concorrenza è creata con la complessità dei sistemi telematici ICT.


Il progetto Metti la faccia e l'unificazione dei call center realizza la funzione "voice"dei cittadini ascoltanto il loro livello di soddisfazione grazie e solo al sistema telematico che permette il voto della faccina verde gialla o rossa e permette la gestione e soprattutto l'analisi multidimensionale di tutta la mole di traffico telefonico che impatta ogni giorno tutta la PA.
E vi assicuro che se il sistema informativo è lento o sta giù non c'e impiegato competente allo sportello che tenga, la faccina rossa è garantita con un mix di responsabilità molto rischioso: si rischia di penalizzare ingiustamente l'ufficio organizzativo rispetto al fornitore dei servizi di automazione.


Se allora in ogni servizio e prodotto abbiamo questa doppia anima fisica/digitale chi ne specifica, progetta e verifica il mix, la bontà della sintesi e la qualità generale e delle singole componenti?


La risposta è l'ingegnere dell'informazione, una figura già esistente nell'ordinamento giuridico (vedesi DPR 238/2001), magari perfettibile nel corso di laurea ma sicuramente centrato e più indicato che un qualunque soggetto privo di istruzione universitaria o con una non afferente l'area. E dunque otteniamo il titolo di questo lungo post nel quale provocatoriamente indichiamo nell'ingegnere dell'informazione l'alter ego del dottore per la componente digitale che impatta tutti noi.
Ad esempio, sono sicuro che i cittadini sarebbero felici di sapere che tutte le riprese ad alta definizione delle tante telecamere pubbliche, i dati delle loro navigazioni private, telefonate, dei conti bancari, ecc insomma tutti questi dati sono "curati", gestiti e controllati da seri professionisti (magari dipendeti ma inquadrati in ruoli professionali) guidati da una loro etica e non solo da una logica trimestrale di profitto che potrebbe mercificare tutto a scapito delle stesse identità e dignità dei cittadini. Lo stesso garante per la protezione dei dati sta sentendo l'esigenza di creare "nuovi albi" degli amministratori di sistema visto il loro enorme potere informativo.

Ironia della sorte vuole che proprio questa figura che sta diventando sempre più centrale non è mai stata ne è attualmente rispettata e tutelata dal mercato: tantè che forse molti neanche ne sapevano l'esistenza e certo il ministero e la PA quando cercano un espero al loro interno o all'esterno non fanno caso a questo titolo e status.

Se mi si consente un parallelo in linea con il ministro Brunetta se vogliamo far diventare la PA una ferrari e innauguriamo i nuovi progetti a Maranello preoccupiamoci anche di valorizzare e/o assumere nella progettazione, nella verifica e in generale in tutto il ciclo di produzione validi ingegneri dell'informazione visto che qui si parla di far viaggiare veloce i "bit" di informazione e non gli "atomi" delle auto.


Innanzitutto nella PA ( e non solo) introduciamo come per gli avvocati i ruoli professionali e meccanismi di incentivazione economica dell'impegno e della dedizione e di disincentivazione del conflitto di interesse per tutti gli ingegneri dell'informazione.

Nel settore privato e aziendale rifacendomi ad un recente intervento di Brunetta smettiamo di giocare al ribasso come ha fatto la borghesia italiana fin dal 1860 nel perseguire sistematicamente l’inefficenza nel pubblico (adottando una forma di stato borbonico coloniale) per poi mandare i propri figli nel privato e pensare cosi di favorirli avendo una “controparte” debole. Giochiamo come in Francia al RIALZO che ha mandato i figli nella PA pensando che una PA “illuminata” fosse quanto di meglio come controparte ad una mercato “illuminato”.

Soprattutto i rappresentanti delle aziende e del settore privato non abbiano paure ed incertezze nel premiare ed indurre qualità nella controparte che sicuramente alla lunga otterranno solo benefici e competitività anche internazionale (oggi siamo al 45esimo posto!).
Invece di equiparare 150 ore di corso eucip ad una laurea informatica di 5 anni ed inquadrare con contratti metalmeccanici i propri laureati più brillanti nel settore informatico inizino a discriminare e premiare chi merita. Il DPR 328/2001 è una ottima base per iniziare a far questo gioco al rialzo nell'interesse dell'intero paese Italia...

F.M.

sabato 28 marzo 2009

Informatica: una definizione

Quella disciplina che rende possibile ciò che per i più ieri era impossibile e l'altro ieri impensabile.

mercoledì 11 marzo 2009

Cavetto USB a tre, taxi bloccati all'improvviso, laghi nordici insidiosi: che hanno in comune?

Avete indovinato?

  • Se si: bravi e contattatemi che vi offro un ruolo professionale!
  • Se no: non vi preoccupate io ci sono arrivato da poco a capirlo e fino a 10gg fa lo ignoravo.
Ma che cos'è un cavetto USB a tre? Beh è un cavetto che ha da un lato solo una estremità e dall'altra due. Vi domanderete a che può servire una cosa simile che ricorda quei connettore 1-2 per l'audio che fanno sentire a due innamorati in due cuffie la musica dello stesso lettore. Il cavo USB è un cavo dati e quello di smistare o unire i flussi dati non sempre appare avere un senso: unirli sicuramente no, smistarli verso due device si ma allora perchè non usare due cavetti distinti o un hub usb? Obiezioni giuste. Invero il cavetto USB porta con se anche l'alimentazione e averne due dal portatile verso un unico device fa si che questo sia "doppiamente alimentato" con doppia corrente a parità di tensione.

E qui arriviamo al punto in questione: alcuni modem USB di ultima generazione che promettono velocità mirabolanti brandizzate da reti mobili "molto note" richiedono una corrente di alimentazione maggiore di quella che di solito viene fornita dalla porta standar USB e questa situazione gli da instabilità e caduta di connessione. Ora molti contratti sono a tempo misurati con offerte ad ore ma con sessioni minime di 15 o 20 minuti minimo. Pertanto se durante 60 secondi cade la connessione 10 volte per pochi secondi e poi si riattacca l'utente si ritrova ad aver "consumato" fino a 200 minuti o più di 3 ore dell'abbonamento senza averne affatto coscienza!!! Ora il punto è che tale "consumo nascosto" lo porta molto più velocemente di quello che crede nel baratro tariffario che "scatta" non appena supera la soglia predefinita nell'offerta.

Dico baratro senza ritorno perchè alla velocità di 7.2 megabit al secondo (massima pubblicizzata su reti mobili) al prezzo di circa 3 euro a megabyte si ha che per certi piani tariffari in un ora può venir addebitato poco meno di 10.000 euro! Se anche la connessione effettiva fosse 5 volte meno sarebbe sempre 2.000 euro all'ora! Meglio usare allora il cavetto a tre e tenere bene a mente la percezione dell'effettivo consumo del monte tempo della promozione: non tutti usano mandare un sms di avviso e alcuni considerano addirittura "uso anomalo" usare il collegamento dati per più di un ora alla velocità massima in un mese !?!?!? Invero un operatore dice che se si superano i 2 gigabyte al mese si è anomali e non in "buona fede" ma mi domando a 7.2 megabit al secondo che sono 900kbyte al secondo in 1 ora si consumano 900KB*3600 = 3.2 GB!

Se invece state navigando amabilmente mentre navigate il lago di Lugano state attenti perchè la connessione dati potrebbe costarvi 792 euro al secondo! 0.88 cent/KB*900KB (7.2megabit e svizzera zona 1): un'ora di navigazione distratta sul laghetto di Lugano potrebbe costarvi 2.851.200 euro!!! Laghi più insidiosi di cosi non li avevo mai visti, no?

E adesso arriviamo al taxi bloccato all'improvviso. Quando navighiamo può capitare che la copertura della rete vada in roaming. Mentre parliamo non ci facciamo caso perchè la conversazione passa da cella a cella da operatore a operatore senza soluzione di continuità di servizio e soprattutto di costo ma ciò non è vero per le connessioni dati...eheheh!

Può accadere facilmente per taluni operatori mobili che mentre si "naviga a costo zero" (all'interno della promozione) il taxi su cui stiamo lasci la città magari per portarci all'aereoporto e agganci una cella di un altro operatore che immediatamente ci applica la tariffa a circa 1,5 euro a mega che fa 4.860 euro all'ora alla massima connessione. Voi a questo punto non blocchereste immediatamente il taxi per una coraggiosa retromarcia alla cella appena lasciata? Anche solo 5 minuti nel taxi sarebbero alla massima velocità 405 euro!

Spaventati, increduli?...verificate verificate...e se pensate che stia dando i numeri leggetevi pure il libro che ho scritto con l'ing. Tortoreto sul tema GPRS, UMTS, WI-FI e le tecnologie di IVª generazione. Il futuro della comunicazione mobile che nel 2003 aveva già tutto previsto quello che è successo fino ad oggi. Se invece pagate più di 200 euro al mese di telefonino (voce, dati e messaggi) e avete dei dubbi di essere incappati in insidie tipo quelle appena dette a scrivetemi (francesco@marinuzzi.it) che vi segnalo uno dei tanti bravi ingegneri dell'informazione della commissione ict (www.ictir.org) dell'ordine degli ingegneri di Roma che presiedo e che vi dirà come ottimizzare e controllare i costi e scegliere il migliore piano tariffario nella giungla delle offerte.

F.M.

Larghezza di banda o lentezza del browser?

Ho appena finito di parlare al telefono con "consulente" di un grande provider che mi "ha spiegato" che aumentare la banda da 7 a 20 megabit non aumenta la velocità della navigazione ma permette a più pc di navigare insieme! Ho provato ad argomentare qualcosa ma il tono saccente e addirittura aggressivo contro ogni mia velata obiezione mi hanno fatto desistere.
In compenso mi son detto ma perchè non misurare la velocità della connessione con i tanti servizi disponibili in rete? Cosi almeno posso verificare "ante" e "post" upgrade se c'e' o no un effettivo aumento della velocità.
Dapprima ho provato ad installare un eseguibile necessario per il test fornito dal suddetto provider ma a metà si è piantato e ho dovuto cancellare il processo (mi stava installando 22 mega di chissà che ! :) ) dipoi mi sono affidato a noti siti sul web.
Ho iniziato a collezionare i primi risultati selezionando dei server di Roma e di Milano. Poi ho provato rispetto a dei server sparsi nel mondo. Ottenevo risultati talvolta non scontati quali quello che Milano era molto più veloce di Roma (sono a Roma) ma in linea di massima prevedibili.
Poi ricordando che in una catena la sua forza è data dall'anello più debole mi son detto ma perchè non cambiare anche il browser per vedere se è un collo di bottiglia?
E qui sono usciti i risultati più inaspettati:

cambiando il browser da una banda di 1.5 megabit mi son ritrovato una banda da 5 megabit in download e da 300 a 500 in upload!!!

Provate per credere.....e poi dicono che l'analisi dei colli di bottiglia non serve
:)

F.M.

martedì 10 febbraio 2009

Le avventure di LULU...

Da autore di libri ho sempre trovato altamente limitante e certo non stimolante il tipico contratto dei "grandi" editori che offrono il 10% del prezzo di copertina senza fare alcun sforzo marketing! Anzi più volte mi sono trovato ad "implorare" la presenza di un desk di vendita in convegni con centinaia di persone in cui facevo da chairman o tenevo un key note speech sul tema del libro scritto ma spesso non ottenevo mai nulla. Adesso abbiamo invece altre soluzioni fra le quali vi segnalo questa che adotta questo approccio:

Manufacturing cost:
$5.00
Creator Revenue (autodeciso!):
$4.00
Lulu.com service fee (20% del margine):
$1.00
Final price of book:
$10.00
Abbiamo cosi, grazie a LULU rivoltato il paradigma: ai produttori e distributori solo il 10% del costo totale e a noi autori l'80% del margine!!!
Prevedo di scrivere molti nuovi libri (anche perchè scrivere un libro serio non è affatto uno scherzo..anzi! e richiede molto tempo e sforzo ):)
FM